Nacque a Torino 1'8 dicembre
1871. Iscrittosi ali'Accademia Al–
bertina , seguì i corsi di disegno di
C. Gilardi, quelli d'ornato e di pla–
stica ornamentale di
L.
Belli, e la
scuola di scultura del Tabacchi.
Iniziò la carriera artistica fra grandi
difficoltà , lavorando il marmo per
altri scultori , tra i quali Bistolfi.
Nel 1902, in occasione dell 'Esposi–
zione internazionale d'arte decora–
tiva di Torino , si affermò grazie al–
l'aiuto dell 'architetto Raimondo
D 'Aronco , che gli affidò la decora–
zione della facciata del Palazzo del–
le Belle Arti . Dello stesso anno so–
no le opere
Madonnina, Ritratto di
bambina
(presentate con successo
alla Quadriennale di Torino) e
Giovinezza di Nazareth
(Galleria
d'Arte Moderna di Torino; una re–
plica al Museo Peruviano di Lima).
Nel 1905 , a Venezia , vinse la me–
daglia d'oro con l'altorilievo
Fiam–
me.
Si dedicò assiduamente anche
alla scultura cimiteriale: da ricor–
dare ad Ivrea la tomba
Bidasio
(1903) , a Milano la tomba
Rossetti ,
a Torino le tombe
Boido
(1907) ,
Remondini
(1912) ,
Porcheddu
(1912 , in collaborazione con l'ar–
chitetto Giulio Casanova) e
Gam–
bara
(1919) . Del 1919
è
uno dei
suoi ritratti più significativi , il bu–
sto della signora
Natalia Remmert
Sciamengo
(marmo , Galleria Na–
zionale d'Arte Moderna di Roma) ,
in cui il non-finito , le linee frante ,
la posizione di scorcio ottengono
vibrazioni di luce ed effetto di
spontaneità. Nel 1917 Rubino di–
venne docente all 'Accademia Al–
bertina come «aggiunto» al corso
di ornato , e nel1924 ottenne la cat–
tedra di scultura ; più tardi ricoprì
anche la carica di presidente. Si di–
mise più d'una volta , sia dalla cat–
tedra sia dalla presidenza , per gli
impegni di lavoro e le numerose
cariche pubbliche che ricoprì fin
verso il 1954, anno in cui morì a
Torino.
«La presenza di Rubino all'interno
dell'Accademia non significò sol–
tanto la continuità di un insegna–
mento basato su un consumato me–
stiere (eredità tr"asmessa allo scul–
tore dal suo maestro Tabacchi) , ma
anche il prestigio di un docente che
a Torino monopolizzò - o in ogni
caso controllò - le più importanti
commissioni pubbliche di scultura
del Ventennio» (Dalmasso).
Suoi sono a Torino i monumenti a
De Amicis
(1923) , al
Faro della Vit–
toria
(1928 , Colle della Maddale–
na) , al
Carabiniere
(1933).
Alla morte di Davide Calandra , ne
completò i monumenti al
Generale
Mitre
in Buenos Aires (1925) e a
Umberto I
a Roma (1926). L'altori–
lievo raffigurante
La Carità
del
monumento a De Amicis , serve di
esempio alla Dalmasso per notare
come nella «soluzione francamente
déco
di alcuni particolari» e nel-
Edoardo Rubino
l'«atto quasi fotografico della bam–
bina che si toglie il cappotto» sia
evidente la lezione di Tabacchi , ma
come nel «patetismo e nelle caden–
ze lineari della figura centrale e
delle evanescenti immagini del fon–
do» il Rubino abbia assimilato an–
che quella più moderna di Bistolfi.
Bibliografia: Ferrettini, 1907, p. 4; Ferrettini, 1912,
p. 5; l ana, 1928, pp. 67-78; Gabrielli, 1935, XXIX ,
p. 149; Soldati, 1937, p. 171; Riccoboni, 1942,
pp. 504-5; Bessoni A urelj, 1947, p. 437; Lavagnino,
1956, pp. 676-7; Sapori, 1949, pp. 28, 42, 470;
Bénézit, 1976, IX , p. 163; De Micheli, 1981, p. 12,
325; Dalmasso, 1982, pp. 64, 66-68.