Nacque a Casale Monferrato il 15
marzo 1859, figlio dell'intagliatore
e scultore in legno Giovanni. Gra–
zie ad una borsa di studio del co–
mune di Casale, poté studiare al–
l'Accademia di Brera dal 1876 al
1879, frequentando il corso di scul–
tura dell'Argenti.
A Milano fu influenzato dai pittori
scapigliati (soprattutto da Tran–
quillo Cremona) e dallo scultore
Giuseppe Grandi, che lo avviarono
ad uno stile non accademico e ad
una tecnica spigliata e verista.
Nel 1879, forse deluso perché il
Grandi non accettava allievi, si re–
cò a Torino e lavorò qualche mese
presso Odoardo Tabacchi , finché
nel 1881la commissione della tom–
ba
Braida
gli permise di aprire uno
studio. Nel decennio successivo si
dedicò all'esecuzione di piccoli
gruppi - specie in bronzo - nel sol–
co verista-scapigliato:
Le lavandaie
(1882) ,
Tramonto
(1883) ,
Amanti
(1884) ,
Piove, Contadini, Al sole
(tutti del 1887),
Il crepuscolo
(1892). Con il busto di
Fontanesi
del 1883 per l'Accademia Alberti–
na, Bistolfi intraprendeva una for–
tunata attività di ritrattista comme–
morativo (fu anche medaglista) che
avrebbe proseguito per tutta la vi–
ta; si citano i ritratti di
Lorenzo
Delleani, Urbano Rattazzi, Gusta–
vo Modena, Vittorio Emanuele
Il,
Umberto I, Cesare Lombroso , Ed–
mondo De Amicis.
Ormai divenuto il massimo espo–
nente della cosiddetta «scultura
pittorica» in Piemonte, non riusci–
va tuttavia a vincere alcun concor–
so per monumenti pubblici , anche
se spesso i suoi bozzetti (ad esem–
pio quello per il monumento a
Ga–
ribaldi
in Milano del 1887 e , più
tardi , quello per il monumento ai
Fratelli Cairoli
in Pavia) erano elo–
giati dai colleghi. Verso il 1890 ini–
ziò a frequentare a Torino la cer–
chia di intellettuali di casa Lom–
broso , e strinse amicizia con i pitto–
ri divisionisti Angelo Morbelli e
Giuseppe Pellizza , e con il poeta
Giovanni Cena: le sue opere suc–
cessive rispecchiano i fermenti in–
tellettuali di fine secolo , soprattut–
to nel passaggio dal credo positivi–
sta a quello idealista .
In questi anni si dedicava con fer–
vore alla scultura cimiteriale , dov'è
evidente il mutare di stile dal
florealismo descrittivo degli inizi
ad un simbolismo liberty di intona–
zione spiritualista , e dove l'artista
«al pari e più dei suoi contempora–
nei , sviluppa il tema della morte
del corpo come purificazione e ri–
torno nel grembo della natura che
riciclerà il perire nel nascere , il do–
lore nella trasfigurazione» (Bossa–
glia , 1984). Le opere più importan–
ti sono:
La Sfinge
(189_2) per la
tomba Pansa a Cuneo ,
Le Spose
della Morte
(1897) per la cappella
Vochieri a Frascarolo Lomellina ,
La Bellezza della Morte
(1895) per
la tomba Grandis a Borgo S. Dal–
mazzo ,
Il Dolore confortato dalle
Memorie
(1898) per la tomba Du–
rio a Torino ,
Il Sogno
(1900) per la
tomba Cairati Vogt a Milano ,
La
Morte e la Vita
(1902 ; il modello fu
esposto alla Biennale di Venezia
del 1914) per la tomba Abegg a
Zurigo.
Nel 1902 Bistolfi - a Torino uno
degli esponenti più impegnati del
movimento modernista - fu tra i
fondatori del periodico d'avan–
guardia «L'arte decorativa moder–
na» e nello stesso anno fu tra i prin–
cipali promotori e vice-presidente
dell'Esposizione di arte decorativa
moderna a Torino , per la quale di–
segnò il manifesto , squisitamente
liberty. Nel1905 , dopo la morte di
Odoardo Tabacchi , per la succes–
sione alla cattedra di scultura al–
l'Albertina , fu preferito a Bistolfi il
modesto Cesare Zocchi: ne nacque
una polemica , dato il prestigio di
cui godeva il casalese in ambito
non solo nazionale.
Sempre nel 1905 , del resto , otten–
ne alla Biennale di Venezia una
«personale» e cominciarono a per–
venirgli commissioni di monumenti
pubblici.
All'Alpe
del monumento
a Segantini (Saint Moritz, 1906;
Arco , 1909) , alla
Fede
del monu–
mento a Zanardelli (Maderno ,
1908) e all 'altra figura muliebre del
monumento a
Cavour
(Bergamo ,
1903) , l'artista affida il compito di
incarnare i meriti delle persone
commemorate; sono floride e sen–
suali figure di giovani donne in cui
lo scultore palesa «lo sforzo di libe–
rarsi dal formalismo trasfigurando
per ampiezza di respiro modelli ac–
cademici» e tende «a rappresentare
Leonardo Bistolfi
il mito solare dell 'arte , come pro–
dotto della sanità di spirito» (Bos–
saglia) . Fra gli altri importanti mo–
numenti civici ricordiamo quello a
Garibaldi
(Sanremo, 1908) e negli
ultimi anni i monumenti a
Cesare
Lombroso
(Verona , 1922) , ai
Ca–
duti
(Casale Monferrato, 1928) e
infine quello grandioso a
Giosue
Carducci
(Bologna) , commissiona–
togli nel 1907 , ma terminato solo
nel 1928. Sempre intensa fu la pro–
duzione di sculture cimiteriali: do–
po il 1905 l'artista assimilò moduli
secessionisti (congiungendoli con il
preraffaellismo nella tomba
Tosca–
nini
al Monumentale di Milano ,
1911) e in seguito si orientò verso
un neo-michelangiolismo in voga
tra i rodiniani e i tardo-simbolisti
mitteleuropei (tomba
Hofmann
nel
Cimitero di Torino , 1921-1926).
Continuò a lavorare assiduamente
sino agli ultimi anni nella sua villa a
La Loggia (Torino) , dove si era ri–
tirato dal 1910, dedicandosi anche
alla musica (suonava il violino) e
all'attività letteraria (poesie , colla–
borazione a riviste ... ) , dipingendo
paesaggi nella scia di Fontanesi.
Morto dopo tre anni di malattia il2
settembre 1933 , fu sepolto a Casale
con tutte le onoranze che spettano
a un grande scultore e senatore del
Regno.
Se nel primo decennio del '900 egli
non aveva quasi rivali in ambito
europeo, dopo il 1920 circa , non
seguendo le nuove e vivaci correnti
artistiche, venne abbandonato dai
critici , e dopo la morte fu presso–
ché dimenticato , o ricordato per
attribuirgli ingiustamente le colpe
dei suoi presunti seguaci; si salva–
rono solo le opere di genere , alcuni
ritratti . Fu condannata
in toto
la
produzione liberty, giustamente
studiata e rivalutata dalla critica
contemporanea, che considera Bi–
stolfi il più grande scultore simboli–
sta italiano.
Bibliografia: De Filarte, 1883, p. 3; De Filarte,
1885, p. 4; E. T., 1903, p. 60; Stella, 1893, pp. 600-9;
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