rapa acquista le nuove idee per poi esportarle nella "vicina " Italia». Sfuma–
ture francesi e savoiarde, atteggiamenti ca/vinistici, continui traumi con
sottrazioni di primati, una certa indifferenza verso la cultura (Alfieri fuggì
dal Piemonte sabaudo sentendo/o come un gran casermone alla maniera
della Prussia di Federico il Grande) potrebbero essere alcune delle tesse–
re con cui ricomporre il mosaico Torino.
Ma in effetti il discorso è molto più complesso e la città tra la fine dell'Otto–
cento e la
Belle Epoque
è fervida e viva anche sotto il profilo culturale.
Sotto il profilo intellettuale è così magistralmente delineata da Giovanni
Getto: aÈ la Torino raccolta intorno alla cattedra di letteratura italiana del–
l'Ateneo subalpino tenuta da Arturo Graf, e intorno all'ideale cattedra poeti–
ca del cantore della
Medusa
e delle
Danaidi,
di
Morgana
e delle
Rime del–
la selva:
un gruppo di giovani allievi delle Muse, iscritti
o
no alla facoltà di
lettere, formato da Francesco Pastonchi e Giovanni Cena, Enrico Thovez e
Massimo Bontempelli, per ricordare solo i più noti, fino ai più giovani Giulio
Gianelli, Carlo Va/lini e Guido Gozzano».
<<Si tratta,,- osserva Getto- cedi una piccola civiltà poetica, in cui si riflette–
vano le preoccupazioni di quella filosofia del naturalismo materialistico che
aveva dominato per parecchi decenni Torino, attraverso una assidua ope–
ra divulgatrice che andava dal Moleschott al Lombroso, dalla "Rivista di fi–
losofia scientifica " del Morse/li a molti volumi della Biblioteca di scienze
moderne degli editori Bocca, i quali, proprio agli albori del secolo, non solo
diffondevano le opere dei positivisti italiani, ma traducevano le opere di
Spencer, di Schopenhauer, di Nietzsche.. .>> .
Era anche una Torino in cui era viva una tradizione goliardica ce ne/ chiaro–
scuro delle sue eleganze e delle sue tristezze, dei suoi sogni e delle sue
dissipazioni, dei suoi circoli di cultura e dei suoi caffè,, : pensiamo, ad
esempio, a Nino Oxilia. Ma è anche la Torino operaia e socialista di cui ha
scritto la storia Paolo Spriana: il mondo dei borghi proletari, delle
barriere
di periferia, delle prime lotte dei muratori, dei fonditori, degli
operai auto–
mobilistici,
raccoltisi in sciopero al Valentino. È, potremmo dire, la giovi–
nezza del movimento operaio che fiorisce alla fine del secolo per entrare
nella maturità di fronte alla tragica esperienza della grande guerra che tra–
volgerà in modo quasi irrimediabile quella Torino
Tra Liberty e Crepuscola–
rismo,
per dirla con il titolo di un celebre saggio di Edoardo Sanguineti.
Torino tra LibEtrty e Crepuscolarismo. Se è abbastanza evidente a tutti
co–
me la Torino del primo decennio del secolo è caratterizzata in larga misura
dal Crepuscolarismo di Guido Gozzano, meno conosciuto è il richiamo al
Liberty nel senso che forse non tutti sanno che Torino in quegli anni è la
<<Capitale ,, della nuova corrente artistica.
Non si tratta di un qualcosa di casuale. Certo esistono le premesse sociali
perché esiste una borghesia torinese capace di accogliere il nuovo gusto
europeo. Ma anche a Milano esiste una borghesia forse ancora più fervida
di iniziative. Eppure, per ciò che attiene il Liberty, Milano finisce di perdere
il primato a favore di Torino.
Alfredo Me/ani- milanese- ed Enrico Thovez - torinese- sono i fondatori
nel 1902 de << L'arte decorativa moderna ,, che può considerarsi l'organo uf–
ficiale di quello che Rossana Bossaglia definisce il aModernismo italianO >> .
Nel comitato del/ 'aArte decorativa moderna ,, ci sono, oltre a Thovez e Me–
/ani gli scultori Bistolfi e Calandra .
Ha scritto la Bossaglia nel suo libro
Il Liberty :
<< Quando esce "L 'arte deco–
rativa moderna " essa rappresenta la vittoria dell 'ambiente torinese sugli al–
tri focolai di cultura modernista
-
e Me/ani, milanese di scuola ed educa–
zione, vi si associa
-,·
sono appunto i torinesi capeggiati da Thovez a pro–
muovere la grande Esposizione internazionale di arte decorativa del 1902
(che la Famiglia artistica milanese aveva in un primo tempo pensato nel