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sitivo-spiritualista dell 'ultimo Ot–

tocento; siamo cioè nella conti–

nuità di quell 'atteggiamento psi–

cologico e mentale. Il Cimitero di

Torino in questo senso rivela il

persistere di un clima che altrove

era stato negato e trasformato:

nel Cimitero Monumentale di

Milano l'enciclica antimodernista

di papa Pio X aveva fatto sentire i

suoi effetti e ali 'inizio del secolo

si assiste alla ripresa , o diffusio–

ne , dell'iconografia cristiana e

cattolica; a Torino la cultura lai–

ca , anche a livello medio-borghe–

se , mantiene connotazioni più

forti e decise e una esplicita vo–

lontà di resistenza.

Bistolfiano è ancora Cesare Re–

duzzi; e lo è , sempre alle stesse

date del monumento Remondini

di Rubino , il già menzionato Ce–

lestino Fumagalli, ideatore ed

esecutore del notevole monu–

mento Emprin: un innamorato

omaggio all 'iconografia e allo sti–

le del grande Maestro.

L'altra forte personalità artistica

che a Torino- e non solo a Tori–

no- contendeva tra Otto e Nove–

cento il primato a Bistolfi era Da–

vide Calandra; destinato a lascia–

re presto , nel 1915 , libero il cam–

po per la morte precoce. Calan–

dra era scultore d'ingegno e di re–

spiro , pronto a cogliere le novità

nell'aria , anche quelle bistolfiane

(si pensi alla tomba Vicarj); ma

non aveva una reale vocazione

moderna; restava un artista ro–

mantico , affascinato dall 'impe–

gno verso una narrazione epico–

fantastica , aiutato da un mestiere

di grande classe e dalla capacità a

concepire grande: così nei monu–

menti celebrativi cittadini , per

uno dei quali la commissione gli

era venuta dopo spareggio con

Bistolfi; così nel monumento

Geisser , ricco di empito vitale a

dispetto del soggetto funerario.

Siamo nel 1904, ma il simbolismo

di Calandra veste ancora i modi

dello storicismo ottocentesco ,

animato da un istinto teatrale di

tipo , per intenderei , wagneriano:

e si guardi all 'invenzione della

figura alata a cavallo , approdata a

questo risultato emozionante in

difformità dal primitivo , e più

convenzionale , bozzetto.

Nel dopoguerra , quando il sim–

bolismo in declino avrebbe cedu–

to il passo a un'arte mitico-allego–

rica , spesso nuovamente ispirata

a iconografie e modulazioni clas–

siche , la maggiore compattezza

dell 'effetto plastico rispetto al

momento liberty può superficial–

mente sembrare una ripresa del

discorso di Calandra. Ma non è

così. Nonostante l'interesse de–

scrittivo nella resa dei costumi e

certo puntiglio nella narrazione ,

il sapore cavalleresco della cultu–

ra romantica è del tutto oblitera–

to. Ne dà testimonianza il solen–

ne complesso statuario realizzato

da Betta per la tomba Ansaldi ,

che nel 1935 , quando sarà posto

in opera , risulterà del tutto fuori

tempo , ma all 'atto dell 'ideazione ,

vent'anni prima , traduceva assai

bene questa ultima fase , sia pure

involutiva , del simbolismo.

È

il periodo in cui Bistolfi realizza

le tre statue , celeberrime , della

tomba Hofmann: riprendendo te–

mi e cadenze del periodo prece–

dente , iconografie a lungo va–

gheggiate e riproposte , ma nei

modi di un vistoso michelangioli–

smo; e abbandonandosi, qua e là ,

a esasperati contorcimenti forma–

li. Le statue furono sistemate in

loco nel 1926, quando avanzava

in Italia il gusto novecentista , ma

il retaggio liberty e secessionista

avevano ancora voce in capitolo

purché in questa forma; come

nella pittura testimoniavano Sar–

torio e De Carolis.

Nello stesso torno di tempo , del

resto , Bistolfi riprendeva , nella

tomba Hess , il discorso stilistico

dell'appiattimento del rilievo- ri–

lievo come incisione - già speri–

mentato a Torino nella tomba Vi–

gnola e a Milano , nel 1910-11 ,

nella squisita edicola Toscanini.

La vicenda dell'esecuzione della

tomba Hess , quale risulta dai do–

cumenti dell 'archivio del Cimite–

ro , è abbastanza lunga e comples–

sa, per via di ripensamenti della

committenza ; circostanza piutto–

sto diffusa quando si tratta di

committenza privata , legata alla

mutevolezza degli estri e dei sen–

timenti. Ma l'idea bistolfiana , pur

modificandosi via via , rimane le–

gata all 'intuizione , che certo ave–

va sùbito sedotto l'artista , di

esprimersi attraverso una imma–

gine piatta e tagliente , quasi aral–

dica; con , nella conclusiva reda–

zione formale , un 'inclinazione -

o un 'indulgenza - verso il gusto

déco.

È

significativo constatare , nel

confronto diretto con opere coe–

tanee , come i bistolfiani non si

adeguassero alle trasformazioni

stilistiche del Maestro , ma ne ri–

petessero con qualche inerzia i

capolavori della stagione liberty ,

quelli che avevano fatto più scal–

pore e che , una volta acquisiti ,

erano indissolubilmente legati al–

la sua lezione.

Pietro Canonica , vecchio artista

ormai , con un nobile passato alle

spalle , nella tomba Kuster del

1920 rimastica situazioni figurati–

ve , e anche psicologiche , di ma–

trice ottocentesca; né il personag–

gio femminile che si trascina car-