Al Cimitero Monumentale, a settant’anni dalla tragedia di Superga, migliaia di persone e tanta commozione nel ricordare il Grande Torino

Commozione e folla al cimitero Monumentale per ricordare il Grande Torino a settant’anni dalla tragedia di Superga. Erano in migliaia: i  sopravvissuti che erano scesi in campo  a sostituirli, i famigliari, il presidente del Torino Cairo, D’Alessandro del Circolo F.C, che ha ancora ringraziato il Comune per l’accordo che consente ai soci di occuparsi delle tombe dei loro idoli,  e il popolo granata,  tifosi di tutte le età, nonni, figli e nipotini, perché sotto la mole, essere del Toro è un sentimento, una fede. Dopo una breve cerimonia con la partecipazione dell’assessore Finardi per la Città, e la benedizione di Don Riccardo Robella alle tombe, l’emozione ha avuto il sopravvento sulle note dei Senso Unico, che al Grande Torino hanno dedicato la canzone  “In un giorno di pioggia”. Il ricordo di quella tragedia di settanta anni fa che non ha portato via solo una squadra di giovani, ma il sogno di rivincita di un intero Paese appena uscito dalla Guerra, è ancora vivissimo,come ricorda Giovanni Arpino ( che tra l’altro era un tifoso juventino)  in una bellissima poesia in piemontese che inizia con “Mio grande Torino, rosso come il sangue, forte come il barbera. Voglio ricordarti adesso. In quegli anni di affanni, in cui c’era solo la solo la tua unica bellezza….. e finisce con “Hai vinto il mondo, a vent’anni sei morto. Mio Torino grande , mio Torino forte.

 Me grand Türin  (Mio Grande torino ) di Giovanni Arpino

Russ cume el sang
fort cum el Barbera
vöj ricordete adess, me grand Türin
An cuj ani ed sagrin
ünica e sula la tua blëssa j’era.

Vnisìo dal gnente, da guera e da fam,
tren da bestiam, téssere, galera,
fratej mort an Rüssia e partigian,
famije spantià, sperdüa minca bandiera.

I j’ero pòver, livid, sbarüvà,
gnanca un sold sla pel e per rüsché
it dovìe surié, brighé, preghé,
fin a l’ültima gussa del to fià.

Fümé a vorìa di na cica an quatr,
per divertisse i dovìo rije ed poc,
per mangé i mangiavo fin ij gat,
j’ero gnün: i fürb cume ij fabioc.

Ma un fiur l’avio e it j’ere ti, Türin,
tajà ant l’assel j’era la tua bravüra,
giuventü nostra, che tüti ij sagrin
portava via cun tua facia düra.

Tua facia d’ovrié, me Valentin!
me Castian, Riga, Loik, e cul pistin
ed Gabet, ch’a fasìa vnì tüti foj
cun vint dribling e pöj a j’era già gol.

Filadelfia! Ma chi sarà el vilan
a ciamelo un camp? J’era na cüna,
de speranse, ed vita, ed rinassensa,
j’era sogné, crijé, j’era la lüna,
j’era la stra dla nostra chërsensa.

It l’has vinciü el mund,
a vint ani it ses mort.
Me Türin grand
me Türin fort.

Traduzione dal torinese all’italiano

Voglio ricordarti adesso, mio grande torino.

In quegli anni affannati

Unica e sola la tua bellezza era.

Venivamo dal nulla, da guerra e fame

Carri bestiame, tessere,  galera

Fratelli morti in russia e partigiani

Famiglie divise, sperduta ogni bandiera.

Eravamo poveri,  lividi, spaventati

Senza una lira, e per lavorare

Dovevi allisciare,  brigare,  pregare

Fino all’ultima goccia dei tuoi fiati.

Fumare voleva dire una cicca in quattro

Per divertirci, dovevamo ridere di poco

Per mangiare,  ci mangiavamo

Anche il gatto

Eravamo niente, il furbo come lo sciocco.

Ma un fiore l’avevamo ed eri tu, torino

Tagliata nell’acciaio era la tua bravura

Nostra gioventù,  che tutto il nostro duro destino

Portavi via con la tua faccia dura.

Il tuo viso da operaio, mio valentino

Miei castigliano,  “riga”, loik e quel damerino

Di gabetto, che li faceva impazzire

Con venti dribbling, prima di segnare.

Filadelfia! Ma chi sarà così ignorante

Da chiamarlo un campo? Era una cuna

Di speranze, di vita,  di rinascita

Era la strada della nostra crescita.

Hai conquistato il mondo

A vent’anni hai trovato la morte

Mio torino grande

Mio torino forte.

 

 

 

Ultimo aggiornamento: 26 novembre 2019

Torna su Torna all'inizio