Al cimitero Monumentale di Torino, ,si è ricordato con una cerimonia, padre Ruggero Cipolla, il frate scalzo, cappellano nel carcere di Torino per cinquanta anni, morto il primo dicembre 2006. Il giorno dopo era il suo compleanno. Avrebbe compiuto 95 anni. Per le Istituzioni erano presenti per la Città di Torino la vicepresidente del Consiglio, Serena Imbesi, per il Comune di Grugliasco, l’assessore Emanuele Gaido il presidente della Consulta antifascista permanente di Grugliasco, Giuseppe Rizzo e il commissario capo della Polizia penitenziaria di Torino, Giovanni Battista Alberotanza. La commemorazione si è svolta nella cappella presso l’ingresso principale, a cui è seguito un corteo con i confaloni dei Comuni, sino alla sepoltura, dove il frate Mauro Galesini, ha recitato la preghiera del Padre nostro e sono state deposti dei fiori ed una stella di carta realizzata dagli studenti dell’ultimo anno dell’Istituto tecnico di Grugliasco, con la scritta”Padre Cip, tu sei la nostra stella”. Il professor Felice Tagliente, presidente dell’Associazione Nessun uomo è un’isola amico di padre Cip (come erano soliti chiamarlo), ne ha ricordato il coraggio e l’umiltà. Di come mise a rischio la vita per dare sostegno ai detenuti politici del nazifascismo ed alle famiglie. C’era lui vicino ai martiri del Martinetto sino all’ultimo. Pubblicò anche un libro con le lettere scritte dai condannati prima di morire. Alcune di loro sono state lette dai ragazzi della quinta dell’Istituto professionale Bossi Monti. Dopo la Guerra, andò a vivere in carcere per continuare ad aiutare i detenuti, ma anche le guardie penitenziarie, come ha ricordato il commissario Alberotanza, di cui celebrò matrimoni e battesimi e a cui stette vicino quando negli anni di piombo vennero uccise dalle BR, le guardie Giuseppe Lorusso e Lorenzo Cutugno ( nel 1979 e nel 1978). L’intervento della consigliera Serena Imbesi, ha invece evidenziato l’importanza della trasmissione della memoria dei testimoni ai giovani come lei, che hanno conosciuto la storia di personaggi come Frate Cipolla solo leggendola sui libri. E stamane, anche se sempre meno, c’erano anche i partigiani sopravvissuti come Beppe Pastore di 93 anni, che era nel braccio della morte per essere fucilato al Martinetto. Quando ha conosciuto il frate, nel 43, era irriconoscibile, gonfio di botte dopo due giorni di torture all’Hotel Nazionale, tristemente noto all’epoca insieme alla caserma di via Asti. Lui è sopravvissuto. “Non ho parlato”- ci tiene a sottolineare. Ma quando ricorda i compagni che non ce l‘hanno fatta gli si riempiono gli occhi di lacrime. Anche Mario Oreste Rovareto, ha superato i 90. Il suo incontro con padre Cipolla è invece avvenuto a Guerra finita. Catturato al Lingotto era stato deportato nel Campo di Dachau. Il frate era sempre vicino alle famiglie per recuperare i corpi di quelli che non sono più tornati-racconta- morti per dei valori di libertà che sono le fondamenta della Costituzione e che vanno trasmessi ai giovani.
Nelle immagini sopra,le Autorità davanti alla tomba del frate e gli studenti con l’omaggio floreale e la stella di carta. Sotto, Padre Ruggero Cipolla e i partigiani sopravvissuti Beppe Pastore (in primo piano) e Mario Oreste Rovareto.
Ultimo aggiornamento: 20 febbraio 2018